La pandemia da Covid-19 ha modificato gli stili di vita di molti Paesi, tra questi anche l’Italia. Il rispetto della distanza di sicurezza, il divieto di spostamenti e l’obbligo di indossare mascherine e guanti rientrano fra le regole fissate dai vari decreti. Si tratta di norme che hanno nettamente cambiato le routine e la vita di milioni di italiani e le loro abitudini di lavoro.
Anche i giovani hanno subito notevoli sconvolgimenti nelle loro vite. Il primo fra tutti riguarda la loro frequenza delle lezioni a scuola. Da un giorno all’altro, i ragazzi hanno infatti non hanno potuto frequentare più gli Istituti scolastici, senza, però, abbandorare i percorsi di studio. La soluzione proposta dal Governo per garantire il regolare completamento dell’anno accademico è stata quella di impartire lezioni in teleconferenza. La didattica online, se da un lato ha portato con sé numerosi vantaggi, dall’altro ha posto in rilievo delle importanti questioni relative alla privacy degli studenti.
Gruppi Whatsapp e didattica online
Come anticipato nell’introduzione, la didattica online ha evidenziato alcune importanti questioni relative alla tutela dei dati personali e della privacy degli studenti, soprattutto minori. Quest’ultimi rappresentano nella scuola italiana quasi il 90% del totale degli allievi iscritti e frequentanti. Un primo dubbio riguarda i gruppi WhatsApp. In questo periodo, per agevolare la comunicazione, molti docenti stanno utilizzano gruppi WhatsApp per agevolare la comunicazione con i loro studenti. Ovviamente, se l’alunno accetta, egli fornisce implicitamente il suo numero, non solo al docente, ma anche tutti gli altri suoi compagni di classe, i quali a loro volta potrebbero cederlo a terzi.
Il GDPR stabilisce però che l’età minima per una utenza telefonica cellulare, in Italia, è 14 anni. In questo caso, quindi, la problematica è evidente: un ragazzo di età inferiore ai 14 anni non potrebbe di fatto autorizzare la sua partecipazione ad un gruppo WhatsApp, in quanto il numero in questione è intestato (per legge) a un genitore o comunque a un maggiorenne.
Utilizzo dei social media a scopo didattico
Per utilizzare i Social Network, secondo la normativa vigente, occorre aver compiuto almeno 14 anni. Quindi, anche in questo caso, è necessario che il genitore o il tutore del ragazzo autorizzi la sua iscrizione al Social Network. Ricordiamo ad esempio che Facebook (come altri social media), proprio in conseguenza dei precedenti in materia di violazione della privacy, configura l’iscrizione come un vero e proprio contratto, attraverso cui l’utente esprime il proprio consenso a una profilazione determinata delle proprie condotte.
Lezioni in video conferenza
La questione si complica nel caso delle videoconferenze didattiche. I minorenni, secondo il Garante della Privacy, non potrebbero accendere la webcam e mostrarsi senza l’autorizzazione di un genitore o di un tutore. Vale infatti lo stesso principio delle telecamere all’interno degli istituti scolastici, le quali non possono riprendere i volti degli alunni. Nel caso delle videoconferenze online, oltre a lasciarsi riprendere, i minorenni permettono a terze persone di entrare virtualmente nelle loro stanze e nelle loro case, condividendo anche informazioni personali sul resto dei componenti della famiglia. Ecco perché, in questi casi, è necessaria l’autorizzazione di un adulto.
Conclusione
Per evitare qualsiasi tipo di problematica inerente alla questione della privacy, sarebbe opportuno che ogni scuola fosse in grado di comprendere i vari livelli di autorizzazione di cui ha bisogno il singolo docente per impartire lezioni on-line. L’istituto sarebbe così in grado di imparitire direttive uniformi al corpo docente affinchè il consenso richiesto ai genitori o ai tutori degli studenti possa essere espresso in maniera consapevole ed informata. Se ad esempio un genitore autorizza il proprio figlio a comunicare l’indirizzo mail o il numero di cellulare, ma non è d’accordo a far mostrare l’alunno in webcam, il docente dovrebbe farlo partecipare alla didattica on-line, escludendo il collegamento video dell’alunno.
I docenti, dal canto loro, potrebbero certamente ritenere utile avere gli strumenti e alle autorizzazioni individuate dall’Istituto per lo svolgimento delle proprie mansioni, così da non sentirsi lasciati all’arbitrio di iniziative personali (quali ad esempio i gruppi WhatsApp, citati nel secondo praragrafo) con evidenti assunzioni di responsabilità personali in materia di tutela della privacy degli alunni.